Il sorvolo con qualsiasi mezzo, nel Parco come in qualsiasi altra area protetta nazionale, rappresenta un illecito di natura penale sulla base della legge quadro 394 sulle Aree Protette. Numerosi studi, condotti negli ultimi anni in ambiente alpino, dimostrano come proprio il parapendio può causare un notevole disturbo nei confronti della fauna selvatica e in particolare degli ungulati di montagna, come camoscio e stambecco.

Questi studi dimostrano come il volo irregolare e imprevedibile del parapendio causa reazioni di fuga anche più intense del volo a motore. La fuga degli animali comporta un notevole dispendio di energia con conseguenze potenzialmente negative per quanto riguarda la sopravvivenza e perfino la riproduzione, oltre ad aumentare il rischio di cadute accidentali.

Studi condotti in svizzera, per esempio, dimostrano come le femmine di camoscio abbiano iniziato a calare di peso in zone dove si è iniziato a praticare il parapendio rispetto a zone in cui il sorvolo era vietato, possibilmente a causa di una ridotta alimentazione o un aumento del dispendio energetico a seguito del comportamento di fuga.

Il parco ospita numerose specie animali protette a livello nazionale e internazionale. Fra queste, particolare importanza riveste la popolazione di stambecco alpino, ridotta quasi alla completa estinzione a livello alpino all’inizio dell‘800, e salvatasi proprio qui, ai piedi dell’unico quattromila completamente dentro il territorio italiano, grazie alle prime leggi di protezione emanate nel 1821 e successivamente all’istituzione della Riserva Reale di Caccia dei Savoia, che nel 1922 è poi diventato il primo parco nazionale italiano. Oggigiorno lo stambecco, grazie alle reintroduzioni partite proprio dal PNGP, è nuovamente distribuito in gran parte delle Alpi, ma proprio nel PNGP, a partire dalla metà degli anni ’90 la popolazione ha subito un vero e proprio crollo, passando da quasi 5000 animali ai circa 2700 contati nell’ultimo censimento del settembre 2011. Le ragioni di un tale drammatico calo sono in corso di studio: fra le ipotesi esplorate, ci sono gli effetti dei cambi climatici sui pascoli alpini, l’invecchiamento della popolazione, la competizione con il camoscio e il possibile aumento di certe malattie, ma quello che è certo è che è coinvolto un forte aumento della mortalità dei piccoli dell’anno, e che quindi non permette il rinnovamento della popolazione.

Risulta quindi di fondamentale importanza evitare qualsiasi tipo di disturbo a questi animali per evitare di aggravare ulteriormente la situazione.  Siamo sicuri che i patiti del volo libero, amanti della natura e delle emozioni che si deve provare a volare fra le nostre splendide montagne, di buon grado rinunceranno a farlo nelle aree protette, per contribuire a conservare questo raro patrimonio naturale per le generazioni future

Achaz von Hardenberg
Centro Studi Fauna Alpina Parco Nazionale Gran Paradiso