Il Francoprovenzale e il Parco hanno un legame molto stretto. L’area protetta ricade infatti totalmente nella zona di cultura e lingua Francoprovenzale, compresa in un bacino di influenza linguistica che va dalla zona del Lionese in Francia al cantone di Ginevra in Svizzera, comprendendo a sud delle Alpi la Valle d’Aosta ed alcune valli del Piemonte tra cui la Valle Soana e la Valle Orco, comprese nel territorio del Parco, le Valli di Lanzo e la Val di Susa, estremo confine meridionale.

Visitando il Parco del Gran Paradiso si hanno sicuramente incontri con la lingua Francoprovenzale. Succede che la si senta parlare tra il burbero oste e la giovane cameriera nel ristorante tipico in cui ci si ferma a mangiare, oppure mentre scherzano fra di loro guide, pastori o maestri di sci… senza che si capisca una sola parola. Spesso il visitatore sa che qui si parla uno strano ed incomprensibile dialetto; risalendo le valli ha incontrato cartelli indicatori di località che riportavano dei nomi assolutamente intraducibili. Come un relitto linguistico giuntoci da un’altra epoca, al pari dello stambecco e della stella alpina, testimoni dell’era glaciale.

Il Francoprovenzale così come lo si sente parlare oggi, deriva da una lingua parlata e codificata in modo omogeneo fin dal 1100. Nonostante abbia subito l’influenza del latino nel periodo di occupazione Romana delle Alpi, mantiene molte tracce del linguaggio celtico di derivazione indo/ariana che qui vi si parlava. Trova una sua precisa connotazione e fama nel 1400 quando nel Lionese si sviluppa il movimento dei trovieri che cantavano storie e miti in ``Langue d`Oil`` (Francoprovenzale), nella più pura forma di tradizione orale, in antagonismo ai Trovatori che si esprimevano in ``Langue d`Oc`` od Occitano. Rimane lingua ufficiale nei dipartimenti di Lione ed Alta Savoia, usata per la redazione di atti e bolle, fino al 1493, quando fu sostituita dal francese e si ritrovo` ad essere un dialetto, il Patois, relegato a canzoni e commedie popolari.
In Svizzera nel XVI e XVII secolo si sviluppa una buona produzione letteraria, diventa la lingua dell’indipendenza dalla Francia, sia nel cantone di Vaux che a Ginevra nascono giornali e si rappresentano commedie e Sacre Rappresentazioni in Francoprovenzale.Tra 1800 e 900 viene piano piano sostituito dal francese anche se ancora oggi l’Inno cantonale della Svizzera Romanda ha il canto in Patois.
Nelle Valli più meridionali del versante alpino italiano viene contaminato dal Piemontese, mentre specialmente nelle alte Valli Valdostane subisce maggiormente l’influenza del Francese. In Valle d’Aosta troviamo alcune pubblicazioni in Francoprovenzale, per lo più commedie e canti.Tra i massimi rappresentanti dello scrivere in Patois, nella seconda metà dell`800, l`Abbe` Cerlogne, autore di canti natalizi e di un fortunato Almanacco che verrà pubblicato per anni con una grande distribuzione.
Continua ancora oggi una certa produzione di commedie dialettali, poesie e canzoni ma soprattutto ancora oggi viene parlato, da chi vive in quelle valli e che nel suo Patois riesce a trovare il termine che meglio aderisce alla sua vita da montanaro.

Sicuramente la toponomastica del Gran Paradiso rivela gli stretti legami che il Francoprovenzale ha con le antiche lingue celte.
In tutte le Valli del Parco esiste una località che si chiama Lilla, Lillà, Lillet, ma nessuno di questi luoghi profuma di lillà! Il nome infatti deriva dalla parola celta indicante quei terreni, posizionati nelle anse dei fiumi, che in caso di alluvione rimanevano isolati, diventando isole. Da qui deriva anche la parola francese “ile”, isola.
Anche i due grandi fiumi che fanno idealmente da confine tra Francoprovenzale ed italiano, la Dora Baltea e la Dora Riparia, portano nella radice Do il termine celtico per definire l’acqua corrente.
Le molte frazioni Brenvà, Brenvey, Brevetto traggono il loro nome da Bren, termine celtico per il larice; mentre Chenevey, Ceneveri, Tcheneveri derivano da lo tcheveno/la canapa, principale fibra tessile dell’area.
Con la traduzione in italiano molti termini sono stati completamente stravolti nel loro significato così ad esempio il Ghiacciaio del Carro in Valle Orco non ha niente a che vedere con il mezzo di trasporto ma significa "ghiacciaio del roccione isolato". La sua radice Car, kar o ker è la stessa usata per il M.te Cervino, a cui ben calza la definizione di grossa roccia isolata piuttosto che non la derivazione da cervo, tipico animale dei boschi. Il Monte Marzo,spartiacque tra Valle Soana e Valchiusella è l’errata traduzione di marf/mars, ovvero marcio, termine che lo identifica come montagna instabile, di rocce friabili.

Il Francoprovenzale è sicuramente ancora una lingua parlata, seppure da un numero ristretto di persone. Da pochi anni è stata riconosciuta come lingua e la popolazione che lo parla come una minoranza linguistica da tutelare nella conservazione della memoria e della tradizione. Bisogna a questo punto ricordare che le valli alpine sono state fin dal primo medioevo, terre di emigrazione.. Nascono così, lontano dai luoghi di origine, isole linguistiche di Francoprovenzale.Una cospicua comunità si trova in Puglia nella zona di S. Severo ed anche in Albania troviamo villaggi in cui si parla Patois. Se per lingua morta però si intende una lingua che non sa più trovare in se nuovi termini per spiegare l’evoluzione e le scoperte, allora anche il Patois è lingua morta; ed io che sto scrivendo in italiano su di un PC, facendo scorrere il mouse, penso che stia morendo in buona compagnia.

Donatella Steffenina (Guida del Parco)