La sorprendente corsa della flora periglaciale

Negli ambienti d’alta quota del Parco Nazionale Gran Paradiso, dove la roccia, il ghiaccio e i detriti dominano il paesaggio, si sta assistendo a un fenomeno affascinante e al tempo stesso preoccupante: la colonizzazione accelerata della vegetazione nelle aree lasciate libere dal ritiro dei ghiacciai. Questi spazi, noti come ambienti proglaciali, rappresentano uno dei più delicati fronti di osservazione degli effetti del cambiamento climatico.

Dove prima il ghiaccio regnava incontrastato, ora affiorano detriti e macereti che, in pochi anni, iniziano a ospitare le prime forme di vita vegetale. Le specie pioniere – come la sassifraga a foglie opposte (Saxifraga oppositifolia) o il pan di marmotta (Silene acaulis) – sono le prime a comparire. Resistenti al gelo, al vento e alla scarsità di nutrienti, queste piante non solo colonizzano il suolo nudo, ma lo trasformano: arricchiscono il substrato di carbonio e azoto, rendendolo più ospitale per le specie che seguiranno.

Circa quindici anni fa, i guardaparco del Parco Nazionale Gran Paradiso​ hanno avviato i primi monitoraggi qualitativi sulla flora più prossima alle fronti di diversi ghiacciai del Parco, sia sul versante valdostano che sul versante piemontese.

Ad oggi, il servizio botanico del Parco, grazie al lavoro di guardaparco e  ricercatori,  ha osservato che la colonizzazione vegetale in questi ambienti è molto più rapida del previsto. Studi recenti condotti nei siti proglaciali di Lauson (su substrati silicei) e nella zona di Lavassey (su detriti calcarei)   in Valle di Cogne mostrano un incremento sorprendente della biodiversità. In soli cinque anni, il numero medio di specie è aumentato di 6 unità a Lauson e di 3 a Lavassey, con una velocità fino a 20 volte superiore rispetto a quanto stimato attraverso il tradizionale metodo della cronosequenza.

Questi risultati emergono dal confronto tra due approcci: da un lato la cronosequenza, che studia aree deglacializzate da tempi diversi per ricostruire le tappe della successione ecologica; dall’altro il monitoraggio diretto attraverso plot permanenti, installati nel 2016 e rivisitati ogni cinque anni. È proprio quest’ultimo metodo che ha rivelato l’accelerazione: la copertura vegetale è cresciuta in media di 9 punti percentuali, con punte che arrivano fino a 40 volte più del previsto.

Le cause? Il principale motore di questo fenomeno è il cambiamento climatico: temperature più elevate e stagioni vegetative più lunghe permettono alle piante non solo di insediarsi più facilmente, ma anche di crescere più vigorosamente. Tuttavia, se da un lato l’aumento della biodiversità può sembrare una buona notizia, dall’altro si teme per la sopravvivenza delle specie specialistiche adattate al freddo estremo, che rischiano di essere soppiantate da piante più generaliste.

La ricerca nel Parco prosegue, con nuovi siti come il Ciardoney recentemente inclusi nel monitoraggio. I dati raccolti nei prossimi anni saranno fondamentali per comprendere le traiettorie future di questi ecosistemi d’alta quota e per sviluppare strategie di conservazione in un mondo che cambia sempre più in fretta.

Articolo

Ginevra Nota, Simone Ravetto Enri, Michele Lonati, Andrea Mainetti, 

Faster than expected: 5-year re-surveys reveal accelerating plant colonization in two proglacial forelands of the Gran Paradiso National Park (NW Italian Alps), Botanical Journal of the Linnean Society, Volume 207, Issue 3, March 2025, Pages 266–278, https://doi.org/10.1093/botlinnean/boae043